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Sulla cooperazione.

L’organismo alveare e il Covid-19.

di Greca N. Meloni


È il 16 marzo 2020 e il Covid-19 sembra ormai aver raggiunto una parte consistente del mondo. Come gran parte di virus e batteri che possono attaccare il nostro organismo, anche il Covid-19 è una sorta di essere ‘sociale’, anche se non esattamente come noi. Insieme a noi, virus e batteri viaggiano, si riproducono, si diffondono laddove tecnologia, mobilità e altri fattori consentono la loro espansione. Così il virus si sta estendendo a tutto il mondo in maniera più o meno rapida.

L’unico modo per frenare la sua diffusione sembra essere quello di rallentare la nostra mobilità e socialità. Smettere di viaggiare, uscire di casa solo per le attività strettamente necessarie, limitare i contatti con altri esseri umani.


Al settimo giorno di isolamento volontario continuo a sorprendermi delle reazioni di gran parte delle persone che mi circondano di fronte alle decisioni sempre più restrittive prese dalle autorità.

A Vienna la quarantena è iniziata solo oggi. Fino a ieri la gente usciva di casa. Cercava di godere del sole e delle ‘ultime ore di libertà prima della reclusione forzata’.

C’è chi porta i propri bambini a giocare nei boschi, perché “il virus all’aperto non si propaga” e “perché abbiamo bisogno di uscire per evitare la depressione”. Dalla finestra di casa osservo il via vai di persone spesso indifferenti a ogni misura di sicurezza. In alcuni casi, fortunatamente pochi, qualcuno continua a sostenere che si tratti di una semplice influenza che aggredisce in forma grave solo gli anziani.

Mi stupisce notare come in un mondo in cui sempre più persone decidono di optare per un regime alimentare vegano o il più possibile ‘cruelty free’ affinché sempre meno animali soffrano, non siamo in grado di riservare questa empatia e consapevolezza nei confronti del nostro prossimo, di un nostro simile.

Tutto questo mi fa pensare alle api e al funzionamento delle loro colonie. Tanti hanno riflettuto sull’organizzazione di questi insetti, sulla loro socialità. Thomas Seeley biologo e allievo di Martin Lindauer, ha proposto di considerare le colonie d’api come un superorganismo che, esattamente come le cellule del corpo umano, è composto da una moltitudine di ‘individui’ che cooperano tra loro.


Soffermandosi sullo studio dei processi decisionali che si attivano in uno sciame di api in cerca di un nuovo nido, Seeley ha provato a comprendere in che modo viene scelta la nuova casa, e ha parlato di 'democrazia delle api'. Secondo il biologo, infatti, il processo di decisione si svolgerebbe attraverso una sorta di referendum in cui vince la ‘casa’ che raggiunge il quorum. La teoria di Seeley è condivisa molti di quelli che, prima e dopo di lui, hanno riflettuto sulle forme di organizzazione sociale delle api e sulle similitudini tra queste e le società degli esseri umani.

Tuttavia, la teoria di Thomas Seeley continua a provocarmi un fastidioso ronzio nella testa, durante queste ore di isolamento. Non sono sicura che la specie umana debba imparare dalle api a organizzarsi in maniera democratica. La democrazia implica una partecipazione collettiva per una scelta condivisa (il quorum, appunto, per scegliere la casa). Ma come lo stesso Seeley fa notare, le api decidono il luogo ideale valutando i rischi e le potenziali minacce alla sopravvivenza della colonia e in ultima istanza della specie. In altre parole, le api non condividono una decisione in sé ma valutano il potenziale rischio che la scelta comporta. Una condivisione consapevole del rischio, dunque. L’individuo ape agisce e coopera con i suoi simili per la sopravvivenza della sua specie.


Ed è proprio questo che ci viene chiesto di fare in questo momento. Stare a casa non è una scelta personale, né un’imposizione del governo. Sui modi, i tempi e la legittimità si può e si potrà anche discutere. Lo ‘stare a casa’ rappresenta, qui e ora, la capacità di condividere il rischio con i nostri simili, e la consapevolezza che le azioni di ciascun individuo si ripercuotono in maniera esponenziale sulla vita degli altri, fino a minacciare non solo il singolo ma il funzionamento dell’organismo specie umana.

Ciò che possiamo appendere dalle api non sta tanto nelle loro forme di organizzazione sociale più o meno democratica. Dovremmo piuttosto imparare – o meglio re-imparare – le forme di cooperazione tra membri dello stesso ‘organismo’ e la consapevolezza di specie della condivisione del rischio.

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