di Greca N. Meloni
“Papà guarda!” - gli dico fiera della mia abilità di afferrare per le ali un’ape in volo “Sei bravissima! Ora però lasciala andare che deve tornare a casa sua… Lo vedi come si muove? È perché sta cercando di tornare al suo alveare, insieme alle altre api.”
Dopo quasi 30 anni lo guardo ancora con lo stesso orgoglio mentre, con un ramoscello di eucalipto tra le mani, mi spiega che nonostante tutto il prossimo anno andrà meglio. Nonostante tutto.
Sì perché ogni anno è così. Ogni anno alzi gli occhi al cielo in attesa della pioggia che non arriva mai, ogni anno preghi che possa essere migliore.
È così che sono passati trent’anni, tra l’odore forte della propoli attaccata ai vestiti e quello intenso della nuova smielata nella speranza che questa sia l’annata migliore.
La prima smielata dell’anno è una festa: poter affondare le dita in un favo appena raccolto da un alveare è un lusso per pochi. Eppure non ci sono giorni di festa in questo lavoro.
“C’è da lavorare!” – mi risponde da sempre – “Questo lavoro è così, sono le api che ti dicono cosa devi fare!”. Ogni volta che c’era una riunione di famiglia, anche solo un pranzo tutti insieme, lui è sempre in ritardo. “Ma dov’è?”- si chiedevano tutti in continuazione - “È andato a controllare le api”- rispondeva mia madre rassegnata. Ma è così ogni giorno. Ogni giorno, da oltre trent’anni la sua vita, la vita della famiglia, si alterna fra gli inverni lenti e la frenesia della primavera. “Ci hanno rubato le api!” Di nuovo.
La primavera la passi nell’angoscia che uno squillo del telefono possa preannunciare la notizia dell’ennesimo furto di alveari. “Come va la stagione quest’anno? Miele?” – “Male. Non ha piovuto a sufficienza, il raccolto primaverile non è stato granché e quello estivo è compromesso da quest’ultimo parassita che ha attaccato l’eucalipto. Le piante non si erano ancora riprese e ora anche questo!”.
Poi arriva l’estate, il caldo torrido, asfissiante sotto la tuta e la maschera, e guardi lui che va e viene di continuo, senza fermarsi. Tutti i giorni si pranza tardi “quello che c’è” perché non si ha il tempo di preparare, e poi di nuovo a lavorare: bisogna preparare per il giorno dopo.
Poi una mattina, la domenica, di rientro dal mare vedi del fumo e un brivido ti percorre la schiena. Sai già cosa significa. Lo vedi partire verso il fumo, verso il fuoco, per salvare le api, per salvare quegli animali che con tanta dedizione e cura è riuscito a far sopravvivere nonostante tutto. Ma il fuoco non lo puoi gestire. Quello lo guardi mentre brucia tutto: l’erba, le piante, il fiore, gli alveari. Il fuoco lo guardi distruggere il suo lavoro.
Sono più di trent’anni che nonostante tutto va avanti. Nonostante la siccità, nonostante le alluvioni, i furti, le malattie delle piante e quelle delle api, nonostante gli incendi e tutto il resto. Nonostante tutto.
Greca N. Meloni

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