Quel colpetto con il palmo della mano
Di Giuseppe Bellosi
Tanti anni fa, sulle colline del Sarrabus nella Sardegna sud-orientale, un giovane trentenne venuto dal continente, seguendo le idee, che allora muovevano i primi passi, del ‘ritorno alla terra’, guardava le api: una ventina di alveari del sig. Alceste. Lui le aveva comperate per impollinare l'agrumeto, ma non le sapeva accudire. Il giovane continentale era stato per un mese ad imparare il mestiere da Onelio un apicoltore di Reggio Emila. Onelio per aprirle puntava la leva nell'angolo destro del copri favo e poi le dava un colpetto con il palmo della mano. Controllava le api senza bisogno di indossare dei guanti. Erano calmissime. Così il giovane, imitando i gesti del Maestro così faceva: un colpetto e via. Ma appena sollevato il copri favo le api gli si avventavano addosso. Sulle mani, battevano sulla maschera, ovunque. Be’, si disse, si vede che queste non sono le api di Onelio! E allora via, guanti e fumo continuo. Ogni volta così, per un giorno alla settimana la stessa tortura. Niente punture con la protezione ma un lavoro veramente infernale. Le celle con i guanti, un casino! Il giovane era scoraggiato: un lavoro così non lo voglio fare! si diceva. Poi alzando gli occhi guardò il mare lontano e pensò: ormai ho già trent’anni, se non faccio questo, cosa farò nella vita? Ma allora, come per tante altre cose difficili, aveva ormai imparato. Proviamo ad aprire più piano, si disse. Aprì lentamente, lasciando pazientemente che il propoli si staccasse e… meraviglia! Non si mosse un’ape! E così fu che quel giovane divenne apicoltore. Eh, sì caro Onelio! Il tuo colpetto sulla leva lo davo troppo forte e loro giustamente reagivano!
di Giuseppe Bellosi
Comments