di Greca N. Meloni
Era una bellissima giornata di maggio di un'anno fa e dalla finestra dello studio in cui facevamo lezione vedevo il sole riflettersi sui muri bianchi dell’Albertina, una delle gallerie espositive più belle di Vienna. Stavamo parlando della mia ricerca quando la mia supervisor mi chiede: ‘Sì, ma cosa vuol dire fare apicoltura in Sardegna oggi?’. Una domanda semplice si potrebbe dire. Eppure, rispondere a questa domanda non è affatto facile.
Recentemente Stephan Lorenz, sociologo tedesco che studia il rapporto tra uomo e ape nelle diverse forme di apicoltura in Germania, ha fatto notare che nel fare ricerca in questo dobbiamo confrontarci con una vasta e differenziata gamma di prospettive posizioni legate alle specifiche opinioni, interessi e risorse dei diversi attori sociali coinvolti. In altre parole, il rapporto tra uomo e ape non si limita alle pratiche e al rapporto tra l’apicoltore e l’alveare, ma questo rapporto è costruito e influenzato dai diversi discorsi non solo sull’apicoltura ma anche sulla biodiversità, sulla gestione dell’ambiente, sul paesaggio, sulle diverse forme di agricoltura e allevamento, sul commercio del miele, e così via. E qui un apicoltore esperto potrebbe aggiungere: ‘Bella scoperta!’.
Infatti, sebbene scherzosamente amo dire che ogni 5 apicoltori intervistati torno a casa con 8 opinioni diverse un punto è sempre comune:
l’apicoltura è una pratica altamente complessa che richiede un sapere altamente specializzato che va ben oltre la A di apiscampo e la Z di zigrinatore!
Lo sanno bene gli apicoltori sardi che da tempo si confrontano con le politiche regionali che riguardano la gestione del territorio, la tutela del paesaggio, ma anche i piani di sviluppo rurale, e la gestione del comparto agro-pastorale sardo di cui l’apicoltura dovrebbe fare parte. L’uso del condizionale non è casuale. L’apicoltura infatti risulta essere una pratica ‘ibrida’, che difficilmente risponde alle classiche categorie di allevamento e produzione. La specificità dell’apicoltura sta proprio in questa sua natura ibrida, nel trovarsi sempre al centro di qualsiasi discussione su come l’essere umano organizza e pensa il suo vivere nel mondo. Ma proprio questa specificità è spesso causa di conflitto tra la comunità degli apicoltori e i cosiddetti policymakers, cioè coloro che sono incaricati delle decisioni politiche. Il conflitto nasce proprio nella diversa percezione e lettura che gli apicoltori e i delegati regionali hanno non solo dell’apicoltura, ma anche del territorio e della Sardegna.
Apicoltura e gestione territoriale
Un esempio ci viene offerto dal Disegno di legge sul governo del territorio pubblicato dalla Regione Sardegna nel 2017 il cui compito sarebbe quello di garantire lo sviluppo territoriale sostenibile; alla tutela del paesaggio rurale, montano e delle aree di importanza naturalistica; alla tutela dell’integrità fisica e dell’identità culturale del territorio e alla riduzione al minimo dei rischi derivanti dai cambiamenti climatici e aumentare la resilienza dei sistemi antropici e naturali (Art. 3).
Uno dei punti centrali del D.d.L è quello di indicare la Superficie Minima di Intervento (SMI) per le attività agricole e di allevamento al fine di tutelare il territorio. La SMI è valutata sulla base del rapporto tra le capacità produttive di un’azienda e i mq necessari all’esercizio dell’allevamento. Nel caso dell’allevamento di bovini, equini, ovini-caprini e alveari, ad esempio, è considerato necessario possedere una superficie di 8 mq per capo. Secondo questa visione un alveare è equiparato a un bovino, e dunque tra apicoltura e allevamento bovino non ci sarebbe alcuna differenza.
Non è una sottigliezza tantomeno un errore di poco conto quanto piuttosto l’esempio del tentativo di applicare delle categorie di pensiero del rapporto uomo-animale nel contesto dell’allevamento di animali che non funzionano nel caso dell'apicoltura. Ovverosia, si applicano all'insetto Ape delle categorie pensate per i mammiferi. C’è però un problema fondamentale nel fare questo e cioè non si riconosce la specificità non solo dell’apicoltura ma anche del funzionamento dell’organismo alveare come insieme collettivo e non come individuo. Il rischio che si corre va ben oltre un semplice fraintendimento. Negare la socialità dell’ape, la sua caratteristica condizione di semi-domesticazione, il suo rapporto stretto con la flora di un territorio fino a caratterizzarne il paesaggio ha delle conseguenze disastrose per l’ambiente e per la biodiversità dei luoghi. La ormai famosa Sindrome da spopolamento degli alveari (CCD- Colony Collapse Disorder) e la preoccupante moria degli insetti impollinatori può essere legata a questa erronea visione dell’Ape e dell’apicoltura.
Ripensare l'apicoltura
Riconoscere la specificità dell’apicoltura significa dunque assumere delle politiche ‘bee friendly’ nel senso di ripensare l’apicoltura e la gestione del territorio come parte di un grande e complesso ecosistema in cui ciascuna specie è indissolubilmente legata all’altra.
Per parlare di sviluppo territoriale sostenibile, di sostenibilità dell’agricoltura e dell’allevamento dobbiamo necessariamente abbandonare le categorie di pensiero alle quali siamo abituati e ripensare il mondo e la nostra posizione nel mondo. Essere in grado di incoraggiare le aziende agricole sarde a utilizzare tecniche di produzione che non minaccino l’apicoltura, significa proporre politiche di sfruttamento del territorio che siano compatibili con l’apicoltura come per esempio regolamentare il taglio degli eucalipti solo dopo il periodo di fioritura. L’eucalipto, pianta utilizzata nella produzione di biomasse, è una pianta estremamente produttiva dal punto di vista apistico, fondamentale per l’apicoltura sarda.
Inoltre, capire la specificità dell’apicoltura significa anche riconoscere il valore del Sapere degli apicoltori esperti, e che è un’attività da prendere sul serio in quanto pratica complessa legata agli equilibri di un intero ecosistema.
E se in Sardegna la tutela della biodiversità autoctona del territorio assume caratteri specificamente identitari, gli apicoltori sardi dimostrano una grande ricchezza e dinamicità nel loro modo di pensare l’azione dell’uomo sul paesaggio e il modo di vivere il territorio.
Questo significa fare apicoltura in Sardegna oggi, significa avere il coraggio di proporre una visione alternativa non solo dell’apicoltura ma anche del mondo agro-pastorale sardo e della Sardegna stessa.
di Greca N. Meloni
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