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Gestire il cambio climatico: imparare dagli apicoltori

Immagine del redattore: Greca MeloniGreca Meloni

Credits: Greca N. Meloni

Cambio climatico e apicoltura. Problemi generali *


Negli ultimi anni fenomeni climatici estremi stanno provocando una sempre maggiore contrazione della produzione di miele, contribuendo a indebolire pesantemente il settore apistico nazionale già fortemente in crisi a causa delle problematiche consuete, di cui si è parlato anche oggi: varroa, virosi, pesticidi, invasione di specie asiatiche e così via.

Gli ultimi report dell’Osservatorio Nazionale del Miele hanno dichiarato l’allarme produzione per la stagione 2019 che, a causa delle condizioni climatiche estreme, in alcune regioni di è ridotta del 100%. A questo report posso aggiungere le testimonianze di diversi apicoltori che, nel corso della ricerca etnografica che conduco, da tempo mi raccontano le loro difficoltà a condurre le famiglie d’api in condizioni climatiche irregolari, con temperature fuori norma che non consentono alle piante di fiorire e spesso compromettono l’intera fioritura, come è capitato per la produzione di acacia. In Valtellina, che ho avuto l’occasione di visitare lo scorso aprile, la stagione incerta, le basse temperature e le piogge continue hanno creato non pochi problemi agli apicoltori, preoccupati per il benessere delle loro api.

A questa situazione di per sé già disastrosa, in diverse regioni si sono aggiunti i danni causati da numerosi tagli e potature, spesso avvenute durante il periodo di fioritura o nelle settimane immediatamente precedenti.

Inoltre, nonostante la campagna mediatica sempre più forte contro l’utilizzo dei pesticidi, la prassi che prevede trattamenti durante il periodo di fioritura non sembra cessare.

Infine, la presenza sul mercato di miele a basso costo e i complessi meccanismi di richiesta dei finanziamenti e dei piani di indennizzo, spesso pregiudicano la possibilità accesso ai contributi e concorrono a rendere più arduo il mestiere dell’apicoltore.


La situazione in Sardegna


Image by ClaraMD from Pixabay

Se quello appena descritto rappresenta il quadro generale, il caso specifico della Sardegna mostra delle criticità ulteriori. Nell’Isola la difficoltà a produrre è legata alla sempre minore estensione di pascolo per le api. In altre parole, molti apicoltori lamentano una drastica riduzione di piante e fiori che possono alimentare le api. È utile ricordare che la sopravvivenza delle api dipende dalla quantità di foraggio (cioè vegetazione che produce nettare e polline) disponibile sul territorio, e che la popolazione di insetti pronubi è direttamente proporzionale alla popolazione di specie vegetali mellifere. Il declino di una specie produce il declino dell’altra specie a essa collegata. È per questo che le api (e gli apicoltori) sono strettamente connesse alla produzione e mantenimento della biodiversità dei territori.

Ciò che sorprende sono i piani di rilancio economico del settore agricolo basati sull’eradicazione di piante per la produzione ‘sostenibile’ di energia ‘verde’. In Sardegna questi piani sono strettamente legati al taglio degli eucalipti. Questa è da molti considerata una pianta ‘riprovevole’ perché metterebbe a rischio l’esistenza delle specie vegetali autoctone e quindi minaccerebbe il paesaggio sardo.

Eppure molti non sanno che a questa pianta è legata la sopravvivenza delle api, e probabilmente di molti altri insetti pronubi. Infatti, l’eucalipto, pianta dall’altissimo potenziale nettarifero, costituisce una risorsa fondamentale in quanto fiorisce nei mesi estivi, periodo dell’anno in cui generalmente tutte le altre fioriture sono terminate da tempo, consentendo così alle famiglie d’api di non morire di fame e di mantenersi sane e forti fino all’autunno.

Le proposte degli apicoltori… e dell’antropologa


La ricerca sul campo mi ha insegnato che ad ascoltare gli apicoltori non si fa mai male e che tutto quello che fa bene alle api fa bene anche a noi e alle altre specie sulla terra. Non è purtroppo vero il contrario. Per questo la gestione ambientale e dei settori agro-pastorale e industriale risulta sempre molto complessa. Promuovere il rilancio economico del settore agricolo attraverso il taglio di alberi per produrre energia ‘verde’ senza tenere conto del ciclo biologico delle piante può avere, come abbiamo visto, conseguenze disastrose sul territorio. Per esempio, nel caso dell’eucalipto, la proliferazione delle piante è connessa alle api che attraverso l’impollinazione garantiscono la riproduzione e la stessa sopravvivenza della specie. I tagli in periodo di fioritura o quando la pianta, ancora giovane, non ha raggiunto la maturità potersi riprodurre e dunque fiorire, rappresentano un rischio per la sopravvivenza di piante e insetti pronubi ad esse connesse.

In altre parole, c’è ben poco di ‘sostenibile’ in azioni che non tengono conto della complicata rete di relazioni tra specie che caratterizza il nostro pianeta.

In questo senso, gli apicoltori, che conoscono bene il del delicato equilibrio che caratterizza il rapporto inter-specie, propongono di regolamentare i tagli di alberi tenendo conto dell’esigenza degli insetti impollinatori in modo da rendere i piani di gestione territoriale più sostenibili dal punto di vista ambientale.

Credits: Greca N. Meloni

Inoltre, fanno notare che per ‘salvare le api’, invece che posizionare dei cucchiaini di zucchero nei giardini e balconi, sarebbe più utile impegnarsi in una campagna massiva di (ri)forestazione di piante a interesse mellifero diffusa sul tutto il territorio. Piantare alberi e fiori, anche nei piccoli fondi, sarebbe un contributo decisamente più efficace per aiutare le api e gli insetti pronubi in generale.

In merito ai tagli, si potrebbe inoltre pensare a una sorta di ‘fermo biologico vegetale’. La proposta, apparentemente assurda, può suscitare qualche perplessità. Ma se ci si pensa bene, un altro tipo di fermo biologico , ad esempio quello per i pesci, di fatto si basa sul concetto di garantire a questi animali il periodo necessario per completare il ciclo biologico riproduttivo, in modo da impedirne l’estinzione. Questo principio può funzionare anche con le piante che per riprodursi hanno bisogno delle api. Le api per sopravvivere hanno bisogno delle piante adulte, cioè in grado di fiorire e riprodursi. Gli apicoltori hanno bisogno di famiglie forti e di piante in fase produttiva. Gestire il taglio delle piante servirebbe a garantire la sopravvivenza delle api, permetterebbe agli apicoltori di poter produrre e di poter offrire un prezioso contributo contro il cambio climatico.

Si potrebbe inoltre ripensare il concetto di biodiversità: declinare, cioè, la biodiversità come qualcosa di ‘costruito’, rimodulando il concetto di ‘autoctono’ alla luce delle drammatiche condizioni climatiche. Per esempio, se è vero che la Sardegna è considerata un hotspot di biodiversità del mediterraneo e le normative tendono a promuovere la tutela della biodiversità, questa viene tuttavia concepita come qualcosa di fisso, sempre uguale a se stessa e per questa ragione i piani di gestione ambientale hanno spesso l’obiettivo di ripristinare il territorio alla sua forma (presunta) originale. Ma qual è la Sardegna originaria? Quale il paesaggio originario, autoctono della Sardegna? Siamo davvero sicuri che millenni di storia, di commercio, di interazioni con altri popoli e luoghi non abbiamo avuto alcun effetto sulla biodiversità dell’isola?

Questo non significa ripopolare tutta la Sardegna di qualunque tipo di specie vegetale allogena di qualsiasi provenienza, ma valutare in maniera ponderata le condizioni delle aree in cui si interviene e di impegnarsi a trovare soluzioni che siano per forza di cose più complesse del semplice taglio o soppianto per lasciare spazio a specie ‘autoctone’.

Il sapere esperto acquisito ed elaborato da chi lavora quotidianamente in apiario può suggerire possibili soluzioni per affrontare i rischi e gestire le conseguenze del cambio climatico sul territorio. Gli apicoltori, attraverso il loro lavoro a stretto contatto con il ‘mondo naturale’, possono offrire uno sguardo attento a problemi complessi e rappresentano una risorsa fondamentale per contrastare e gestire il cambiamento climatico, garantendo la sopravvivenza di diverse specie sulla terra. Compresa quella umana.




* Parte di questo articolo è stato presentato al Convegno Apicoltura nel Mediterraneo tra cambiamenti climatici e Innovazione sostenibile organizzato dall’Agenzia Laore in occasione della 26ª Sagra del Miele di Montevecchio.

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